La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 1030 del 10 gennaio 2025 (Sez. III Penale), ha ribadito un principio fondamentale in materia di sicurezza nei cantieri: l’uso del casco di protezione è sempre obbligatorio, in qualunque circostanza e contesto operativo, senza eccezioni legate all’ambiente di lavoro.
La sentenza: un chiarimento importante per il settore edile
La Suprema Corte ha precisato che l’obbligo di indossare il casco di protezione non dipende dal fatto che le lavorazioni si svolgano all’aperto o al chiuso. L’attività edilizia, per sua natura, comporta infatti una molteplicità di rischi che rendono necessario tutelare costantemente il capo del lavoratore.
Il pericolo che la norma intende prevenire non si limita alla caduta di oggetti dall’alto — eventualità che comunque non può mai essere del tutto esclusa, anche negli spazi aperti dove si movimentano materiali e si utilizzano gru o altri mezzi di sollevamento — ma riguarda qualsiasi tipo di urto, impatto o incidente che può verificarsi durante l’esecuzione delle opere. Il capo è, infatti, una delle parti più vulnerabili del corpo umano e deve essere sempre protetto.
Implicazioni per datori di lavoro e lavoratori
La pronuncia della Cassazione ha un valore chiarificatore e rafforza la responsabilità dei datori di lavoro, dirigenti e preposti, chiamati a garantire che in ogni fase delle lavorazioni venga rispettato l’obbligo dell’uso dei Dispositivi di Protezione Individuale (DPI), in particolare del casco di sicurezza.
Inoltre, la sentenza sottolinea che la mancata vigilanza sull’effettivo utilizzo del casco può configurare responsabilità penale in caso di infortuni, anche se l’attività si svolge in condizioni apparentemente sicure o controllate.
Sicurezza come cultura, non solo adempimento
Oltre all’aspetto normativo, questa decisione rappresenta un richiamo culturale all’importanza di considerare la sicurezza non come un obbligo formale, ma come un valore condiviso.
Indossare il casco non deve essere percepito come un gesto “di circostanza”, ma come un’abitudine professionale che tutela la salute e la vita di chi opera quotidianamente nei cantieri.
Cosa devono fare le imprese
Alla luce della sentenza, le imprese edili e i datori di lavoro sono chiamati a rafforzare la propria organizzazione della sicurezza con azioni concrete e documentabili:
* Verificare e aggiornare il Documento di Valutazione dei Rischi (DVR), includendo in modo esplicito l’obbligo di utilizzo del casco in tutte le fasi lavorative, sia in ambienti chiusi che all’aperto.
- Assicurare la fornitura di caschi conformi alle norme tecniche vigenti (UNI EN 397 e successive), in buono stato di manutenzione e adeguati alle specifiche attività svolte.
- Formare e informare i lavoratori sull’uso corretto dei DPI, spiegando i rischi legati alla loro mancata adozione e le responsabilità personali e aziendali in caso di inosservanza.
- Vigilare costantemente sull’effettivo utilizzo del casco da parte di tutto il personale in cantiere, anche attraverso il coinvolgimento dei preposti.
- Prevedere sanzioni disciplinari interne per chi non rispetta le regole di sicurezza, in modo da consolidare una cultura della prevenzione e della responsabilità.
L’obiettivo è chiaro: rendere la sicurezza una pratica quotidiana e non solo un adempimento formale, garantendo che ogni lavoratore sia realmente protetto in ogni momento dell’attività.
Conclusioni
La Cassazione, con la sentenza n. 1030/2025, conferma un principio che dovrebbe essere ormai radicato: in edilizia, la protezione del capo è sempre obbligatoria, indipendentemente dal tipo di cantiere, dalle condizioni ambientali o dalla durata dell’intervento.
Un promemoria chiaro per tutti gli operatori del settore: la sicurezza non conosce eccezioni.